Marciapiede powa!!

martedì 1 novembre 2011

Anche stamattina ho deciso di camminare, e di camminare sulla stretta via di mattoni che delimita il lato del marciapiede e lo innalza dalla superficie stradale. E’ un piccolo esercizio di equilibrio e concentrazione che le prime volte richiede lo sguardo puntato verso il basso, ma che oggi mi ha fatto pensare da quanto tempo non camminavo tranquillamente per le strade del mio paese; da quando ho la patente preferisco sempre usare la macchina, per comodità, ma cambierò. Poi pensavo al marciapiede e subito volevo evitare di ripassarmi in testa la grande somiglianza con i ritornelli comuni della vita: la tritissima metafora della strada e una costellazione di scatarroni, merde, gasteropodi dilaniati, e c’è da evitarli, da passarci sopra. Eh, sempre la solita roba in pratica, che poca fantasia.
            In fondo il marciapiede è un luogo così scontato. E’ quel posto, quella zona, che non conosci mai e che non nomini perché di solito dici per la strada. Però non si può camminare per la strada, è assai pericoloso, bisogna camminare sul marciapiede.
            Poi saltano fuori quelli che si accorgono che invece il marciapiede, benché non sia mai nominato, è sempre molto frequentato. In effetti è difficile dire che il marciapiede non faccia tendenza o ritrovi sempre meno persone. Perché anche chi vive in macchina prima o poi rientra a casa, va in un bar, corre in farmacia, attraversa una strada e così cammina sul marciapiede. Queste persone dicevamo, ne prendono il senso e lo sbattono un po’, magari gli danno una mano di colore e l’idea unita all’inusuale utilizzo diventa sorprendente, non è come guardare un quadro o un’animazione computerizzata, ti stanchi dopo di dire “Che fico!”.


 





 
Ed il top è camminare e trovare l’inaspettato.

Continuo a cercare

mercoledì 21 settembre 2011

I tipi di risposte che possiamo darci sono molti e dipendono unicamente dal tipo di esperienze che facciamo (letture, visioni, dialoghi, avvenimenti accidentali, responsabilità, scelte ecc…), così cercare sempre nuove esperienze diventa il metodo di ricerca e formazione personale più utile, anche se probabilmente faticoso.
Ecco quindi due contributi dall’accostamento abbastanza interpretabile, che non metto con un preciso obiettivo se non quello di suscitare la voglia di continuare a porsi domande.

Video-testimonianza di don Marco Pozza intervistato da Pif




Frammento di Michel Foucault, da Storia della Sessualità – L’uso dei piaceri

“Risalendo dunque dall’epoca moderna all’Antichità, attraverso il cristianesimo, mi è sembrato che non si potesse evitare di porre una domanda molto semplice e, al tempo stesso, molto generale: perché il comportamento sessuale, le attività e i piaceri che ne dipendono, costituiscono l’oggetto di una preoccupazione morale? Perché questo assillo etico, che, almeno in certi momenti, in determinate società o gruppi, appare più importante dell’attenzione morale che si porta ad altri campi puramente essenziali della vita individuale o collettiva, come i comportamenti alimentari o il compimento dei doveri civici? So benissimo qual è la risposta che viene subito in mente: le attività sessuali sono oggetto di proibizioni fondamentali la cui trasgressione è considerata una grave colpa. Ma questo equivale a dare come soluzione la questione stessa e soprattutto ignorare che la preoccupazione etica concernente il comportamento sessuale non è sempre, nella sua intensità o nelle sue forme, in rapporto diretto con il sistema dei divieti; avviene spesso che la preoccupazione morale sia forte proprio là dove non c’è vincolo né interdizione.”

Signor cameriere

domenica 21 agosto 2011


Ho prestato attenzione al suo modo di trascrivere le ordinazioni in una sera incredibilmente calda. Noi sudavamo restando fermi mentre lui, giovane e calmo, vestiva pantaloni neri e camicia, gilet e farfallino senza avere il viso lucido di sudore. Si distaccava dall’ampio territorio di tavoli e assetati e, sopra  il tempo e sopra il lago, indossava il silenzio di volto e voce; sembrava controllare naturalmente anche i propri capelli, adagiati in parte, ed era come se il solo e semplice accorgersi della persona che era avesse potuto elevare anche me oltre le teste e gli occhi dei presenti. Mi era impossibile non chiedermi che cosa pensasse mentre passava per i tavoli, attingendo a una piccola parte delle sue forze unicamente nel caso in cui fosse costretto a raccogliere le ordinazioni. Sicuramente rifletteva ogni volta in cui capitava tra le sedie di un animato gruppetto chiacchieroso ed i presenti ammutolivano al suo arrivo. Ma magari l’esperienza ha contribuito a donargli la fierezza che lo contraddistingue, le chiacchiere allora non lo tangono.
            Improvvisamente l’ho immaginato protagonista di leggende più o meno remote, più o meno credibili, sull’universo dei camerieri: figure altere in costante servizio/conflitto verso la massa di clienti variegata e tempestosa, uomini comuni dall’inenarrabile bontà sommersa e inesplorata, giovani sognatori in fibrillante attesa di novità, oppure persone opache legate dalla mera frenesia di un lavoro duro e difficile; portatori di una scelta non deliberata o amanti segreti di quel certo osservare che regala soddisfazioni intime e quotidiane consolazioni.
            Camerieri che leggete e che pensate a chi vi si affaccia ogni giorno, sappiate d’essere altrettanto motivo di mistero e stima per coloro che vi aspettano.

Il coraggio di scrivere

sabato 20 agosto 2011

Fabrizio Valenza è uno scrittore italiano di fantasy e horror. Quest’anno ha tenuto il laboratorio di Scrittura per Fiabe all’Art Pollution Fest e in questo momento della sua vita ha preso una decisione forte: libererà i diritti della saga fantasy che ha creato, Storia di Geshwa Olers, dal primo settembre 2011. Questo significa che smetterà di percepire introiti derivanti dalla vendita delle sue opere fino al completamento del settimo volume della saga. I volumi pubblicati sinora (due sui sette totali in lavorazione) saranno disponibili gratuitamente per le piattaforme di lettura digitale, scaricabili da internet.
        Nel post che annuncia questa decisione sul suo blog (http://hotmag.me/geshwa/2011/07/07/ritorno-alle-origini/) Fabrizio spiega le sue motivazioni, parla di mercato e delle difficoltà che incontra uno scrittore lungo la strada per il successo, ma ciò che traspare è l’irrazionale, sempre bruciante necessità di scrivere, la passione del creare attraverso le parole:

Storia di Geshwa Olers è nata per la gratuità. Questa fondamentale motivazione (come ho detto distorta strada facendo) dev’essere rimessa al centro delle mie scelte riguardanti la saga fantasy.

         Riconoscendo un tale desiderio, molte volte stroncato da altre necessità ben più pratiche imposte dalla vita, riconosco quel coraggio che rappresenta il fuoco dell’arte e della fiducia.



http://hotmag.me/geshwa/
http://www.fabriziovalenza.com/
http://it.wikipedia.org/wiki/Fabrizio_Valenza

La favola del Festival e del Bando – Ossia come scrivere il proprio nome nella storia dei Rami

martedì 7 giugno 2011


Quest’anno, per la seconda edizione del festival, abbiamo colto l’occasione di iscriverci ad un bando abbastanza fuori dal comune, un bando in pieno stile USA: Ben&Jerry, catena di gelati molto famosa fuori dall’Italia ma che vuole farsi un nome anche qui, indice un bando per le migliori 50 idee che possano cambiare in meglio, anche di poco, il mondo.

Ci sono molti altri progetti iscritti, e anche molti altri stati, ma non ci scoraggiamo. Anzi! Il nostro contributo vogliamo darlo, a chi magari, grazie alla visibilità acquisita con i voti, potrà leggere cosa facciamo, anche se non vinciamo, e riproporlo da qualche altra parte in Italia, o nel mondo!

Perciò, a chiunque abbia il piacere di darci una piccola mano, chiediamo di votare la nostra (ma quindi anche la vostra) “Good Idea!” (o che speriamo sia tale).

Come si fa? Se avete un profilo su facebook vi basterà cliccare su questo link:
e votare la Good Idea dei Rami tra i Capelli.

Detto questo, un grazie sarebbe il minimo da parte nostra. Infatti, vi aspettiamo al festival per offrirvi tutte quelle cose, quella attrazioni, quelle proposte, che dal sito non si vedono ma che in realtà durante i tre giorni ci sono eccome.

Infine, l’invito è sempre quello di partecipare! Al festival o ad altre attività! Oppure di creare qualcosa di nuovo ed in nuove modalità!

Ciao!


Altri modi in cui potete partecipare:
- riunioni con i collaboratori (a qualsiasi livello, cioè potete fare ciò che vi sentite!), la prossima è martedì 14 giugno alle 21:00 presso la sala del NOI di Povegliano - per info scriveteci;
- presenza o aiuto attivo durante i tre giorni del festival;
- creazione di oggetti e gadget;
- donazioni dirette (di qualsiasi cosa :)
- spargere la voce!

Grazie!


Un Comune Percorso

lunedì 2 maggio 2011

L’associazione Rami tra i Capelli è partner ufficiale della mostra su Giovanni Paolo II e Benedetto XVI che si svolgerà dall’1 al 29 Maggio 2011 presso villa Balladoro, a Povegliano.

Organizzata dalla Vicaria di Villafranca, con la collaborazione di Rivela e dell’Associazione Balladoro, la mostra vanta il patrocinio del Comune di Povegliano, del Comune di Villafranca di Verona e della Provincia di Verona. Di livello internazionale, è l’unica presente sul nostro territorio nel giorno in cui (il 1° Maggio) papa Wojtyla viene proclamato beato.

I 72 pannelli di fotografie si articolano in due piani della villa, sita in via Balladoro 15, Povegliano Veronese.

L’ingresso è gratuito e gli orari di apertura al pubblico sono il Sabato e la Domenica, dalle ore 9:00 alle 19:30, mentre durante la settimana è aperta su prenotazione. Sono inoltre disponibili percorsi tematici per scuole primarie, secondarie e licei, serate per gruppi, adolescenti e giovani.

Per prenotazioni e informazioni:
Informazioni generali e su come arrivare: QUI!
Per prenotazioni: segreteria.vicariale@gmail.com oppure tel: 347-6417541

Rivoluzione!

giovedì 14 aprile 2011



Sembra una parola da libri di storia o da servizio di telegiornale. Ci fa immaginare lotte e contrasti, insurrezioni civili e barricate nelle strade, o cortei e occupazioni. In sostanza atti che, se non volutamente violenti, sono atti di riappropriazione, di rivendicazione attraverso un contrapporsi netto, in cui non vale più la pena tenere in considerazione posizioni intermedie. E’ sempre stato questo il significato e l’ideale rappresentazione di una rivoluzione. E sorge sempre l’intima domanda: io devo fare qualcosa?
Più volte mi chiedo, di fronte ai problemi che mi si presentano, perché mi si presentano e se un determinato problema è sorto a causa mia oppure no. Credo che sia una domanda legittima ma non una domanda alla quale dedicare troppo tempo, perché poi bisogna agire. Sia io o meno la causa del problema, se mi ci imbatto ho due scelte: lasciar perdere o provare a trovare una soluzione. Ognuna delle due scelte ha lati positivi e negativi, ma la prima li ha verso il soggetto singolo, mentre la seconda li ha verso una pluralità. Questo perché ogni azione implica una responsabilità.
            Il cambiamento che deve avvenire oggi sta nell’azione; la rivoluzione rimane un’importante mezzo comunicativo al servizio dei cittadini ma con i tempi, ed è arrivato il tempo, deve cambiare anche l’accezione del termine: non si tratta più di battagliare ma di educare, o meglio, formare. Questa è la responsabilità individuale.
            Un esempio, la televisione. Potrei dire: da molto non guardo più la televisione perché porto avanti una crociata personale contro l’instupidimento e l’assuefazione a contenuti di bassa qualità – ma anche questa sarebbe una vittoria implicita della televisione. La negazione a priori non elimina il problema. Quando la guerra termina con l’annientamento dell’avversario non termina la violenza.
            La realtà delle azioni e delle reazioni sociali, cioè quello che facciamo nella vita di tutti i giorni, è descritto da un meccanismo molto semplice: l’imitazione. La rivoluzione odierna non consiste nel proporre una risposta più violenta delle precedenti ma nell’avere la forza di interrompere questo meccanismo.
            Essere rivoluzionari oggi non vuol dire unicamente sfidare il potere, non significa per forza cercare cose nuove (alle quali rischiamo di non essere preparati), ma condividere i nuovi significati di concetti che paiono scontati. Così cambia anche il significato di “arma”, che non diventa strumento di morte ma garanzia di futuro, se per arma intendiamo l’educazione; la ribellione cessa di essere l’ostentazione della rabbia di non essere ascoltati e diventa la ferma convinzione che la cooperazione, la fiducia e l’ascolto devono essere valori pretesi da se stessi prima che da chi è al potere.
            Questo se pretendiamo un cambiamento, so anch’io che dovrebbe essere chi governa a dare l’esempio.
            Quindi veniamo alla risposta alla domanda dell’inizio: sì, io devo fare qualcosa. La rivoluzione sta nell’essere d’esempio a chi ci seguirà, ai giovani e ai giovanissimi. Sta nel credere che le cose cambiano se insegniamo il perché delle cose e non solo come devono essere fatte. Sta nel concepire ogni situazione della vita come un insegnamento, per se stessi o per gli altri, ma riuscendo sempre a tollerare il pensiero diverso dal nostro.
            Questa risposta non presuppone la violenza, non è votata al "fanculismo" e non mi presenta la possibilità di subire la decisione di chi dice di volere il bene per me. La più grande rivoluzione che possiamo far esplodere è quella di un’educazione adeguata. Adeguata a rendere le generazioni future critiche verso se stesse e propositive (perché essere critici per poi non fare nulla non serve a un tubo), renderle fiduciose nella partecipazione e nella coscienza che ognuno ha il potere di far valere la propria parola. Si tratta, detto in formula, di educare all'educazione. Questo significa che chiunque senta dentro il bisogno di comunicare qualcosa affinché un altro essere umano possa crescerne a sua volta un altro, ha il diritto di riconoscere in se stesso il vero potere di trasformare il mondo, mondo inteso come le persone che abbiamo al nostro fianco, gli amici, i bambini, i ragazzi che ci guardano. Condizione indispensabile: vedere le cose positivamente. In modo critico, ma passibili di un viraggio in positivo.
Ora, non vorrei che passasse che per educare qualcuno occorra essere laureati, che senza pezzi di carta non si abbia il diritto di sentirsi capaci. Questo no. Certi equivoci nascono da qui: succede che chi viene riconosciuto dal sistema si sente in diritto di mancare d'umiltà, mentre chi invece non si azzarda ad uscire dal proprio guscio ha paura delle parole di chi vede come il solo autorevole. Personalmente, credo che tutto ciò che ci sia bisogno di fare sia riconoscere qualcuno a cui si vuole bene e investire su di lui ciò che di positivo abbiamo. Eppure, come ogni altra rivoluzione, qualche sacrificio c'è da farlo: per operare sul mondo occorre conoscere bene come opera il mondo, occorre sapere quali sono i mezzi che si hanno a disposizione, occorre sopportare senza sbattersene alla prima difficoltà, mandar giù grossi rospi corposi, perché la prima impressione necessita di conferme e di ricerca continua.


Oggi, è accendendo la tv, guardando la tv, questa tv, e guardandola insieme, che facciamo qualcosa di potenzialmente rivoluzionario. É solo così che possiamo condividere la nostra critica con quanti guardano abitualmente la televisione e fornire gli strumenti necessari a una percezione corretta.

Lorella Zanardo, Il corpo delle donne, Feltrinelli, Milano, 2010

Art Pollution Fest 2011

giovedì 24 febbraio 2011


Pensiamo sempre di averle viste tutte.
Puntualmente veniamo smentiti.
Come domenica scorsa ad esempio: credevo di aver visto ogni sorta di water, dalle turche alle tazze ai vespasiani alle cascate a muro alle grondaie collettive... e invece, in una palestra dell'intricato padovano, esistono gabinetti a metà tra una turca, una tazza e una goccia.
Si tratta, più nello specifico, di una tazza ribassata, molto ribassata, alta circa trenta centimetri, che ha la tipica forma di una goccia d'acqua, la parte tondeggiante rivolta al muro e quella appuntita verso l'utente.
Oppure come una notte, quando un giovane camminava per la strada a mezzanotte e pioveva. Mangiando un kinder bueno subito dopo un duplo subiva un grandissimo spavento. Si era accorto che la figura comparsa da sopra la visiera del cappuccio era quella di una signora, e dopo essersi calmato ha potuto identificarla in una gentile donnina che, proprio nella notte fonda e bagnata, se ne usciva in strada a guardare in entrambe le direzioni.
Sembra proprio che chiunque possa dire di averle viste tutte, prima che arrivi quella cosa, quella cazzata, che con un sorriso o con il batticuore, ci rimette in gioco.
Rimettersi in gioco... è facendolo che ci si lascia stupire dal mondo, che si vede la grandezza anche nei piccoli oggetti, nelle "piccole persone".
Mettersi in gioco vuol dire credere di aver qualcosa da dire e fregarsene se si pensa che sia una cazzata. Molto probabilmente non lo è.

Non c'è che dire: vedere realizzato qualcosa che è stato pensato, progettato e costruito con le proprie teste e con le proprie mani regala sensazioni indescrivibili.
Se hai voglia di collaborare noi ti stiamo aspettando!
Da qui a luglio avremo modo di confrontare idee, discutere scelte, suddividere le mansioni e prepararci alla realizzazione del festival.

Non sono previsti compensi, ma il tutto avviene nella piena libertà del tempo che ci si sente di garantire.

Se può interessarti collaborare o anche solamente sapere di cosa si tratta, scrivici qui: ramitraicapelli@gmail.com, oppure seguici sulla fanpage di facebook per aggiornamenti frequenti su organizzazione staff e incontri (nome Art Pollution Fest 2011).

Altri contatti:
www.ramitraicapelli.it

Tra angeli e insetti

sabato 19 febbraio 2011



Mi perdonerete se la qualità del video non è ottima, ma non è facile trovare la versione ufficiale di Between Angels and Insects senza censura e di buona qualità.
Vorrei solo tracciare una linea, una linea molto spessa e profonda, tra la percezione di un video in modo educativo e in modo diseducativo.
Possiamo fermarci al primo ascolto, quello dove si sentono le parolacce, dove forse si abbassa perché la musica assomiglia più a un frastuono e decidiamo di chiudere, perché ci pare che questi qui siano quattro sbandati, o peggio, quattro rampolli che sfruttano un messaggio per apparire accattivanti alle menti dei giovani e approfittarsene, solo per guadagnare, andando anche contro quello che dicono.
Oppure possiamo separare le due cose e riconoscere un messaggio, ripulirlo dalla sua cornice sbrilluccicosa di etichette discografiche, di vestiario strappato ma firmato, di voci forse superficiali, e prendere il messaggio come viene, guardare alla musica e al testo come musica e come testo, non come pretesti.
Prendiamo questa canzone, Between Angels and Insects, dei Papa Roach. L'obiettivo non è quello di stare a guardare chi sono loro, quanti soldi prendono, se quello che dicono con la loro musica corrisponde a quello che è il loro modo di vita.
Il testo e la musica oltre il resto, quelli devono interessare.
Mi interessa perché ci vedo un termine di paragone con quelli che sono la musica e il testo della vita di ognuno di noi.
Penso allora ad un ragazzo o a una ragazza di quindici o di sedici anni, che molte volte parlano e pensano attraverso la musica, ragazzi che, come questa canzone, rischiano di non essere letti, di non essere ascoltati, e anzi, peggio, di essere etichettati come opposti, come contrari, rischiano di essere chiusi come una X sotto la freccia di un mouse.
Ma le persone, di qualunque età, rischiano di essere chiuse, ancora prima che di esse sia stato ascoltato il testo, ne sia stata osservata la voglia.
La mia è una critica aperta alla generalizzazione, in ogni ambito, non solo quello musicale, in particolare tra le persone. E la mia volontà è anche quella di spingere a "sopportare" i minuti di una canzone che piace a qualcun altro, intendendo con questa metafora di sopportare per qualche minuto chi pare sia incompatibile con noi stessi, perché può essere solo quel minuto in più, di ricercata disponibilità, a far sì che qualcosa cambi nella marea di cose che non ci piacciono soltanto perché sono cose sconosciute.

E come per tutte le altre cose, per leggere e capire un testo, occorre leggerlo fino in fondo.


Between Angels And Insects

Papa Roach

There's no money, there's no possessions
Only obsessions, I don't need that shit
Take my money, take my obsession
I just want to be heard, loud and clear are my words
Comin' from within man, tell 'em what you heard
It's about a revolution in your heart and in your mind
You can't find the conclusion, life-style and obsession
Diamond rings get you nothing but a life long lesson
And your pocket-book stressin'
You're a slave to the system, working jobs that you hate
For that shit you don't need
It's too bad the world is based on greed
Step back and stop thinking about yourself
Start thinking about
There's no money, there's no obsession
Only obsession, I don't need that shit
Take my money, take my obsession
Take my obsession, I don't need that shit
Cause everything is nothing and emptiness is in everything
This reality is really just a fucked up dream
With the flesh and the blood that you call your soul
Flip it inside out, it's a big black hole
Take your money, burn it up like an asteroid
Possessions they are never gonna fill the void
Take it away and learn the best lesson
The heart, the soul, the life, the passion
Present yourself press your clothes
Comb your hair and clock-in
You just can't win
Just can't win
The things you own, own you


Tra Angeli E Insetti

Non c’è denaro, non ci sono ricchezze
Solo ossessioni, non ho bisogno di questa merda
Prendi il mio denaro, prendi la mia ricchezza
Voglio solo essere ascoltato, forti e chiare sono le mie parole
Vengono dall’uomo che ho dentro, dì loro ciò che hai sentito
Riguardano una rivoluzione nel tuo cuore e nella tua mente
Non puoi trovare la conclusione, stile di vita e ossessione
Anelli di diamante non ti danno niente se non una lunga lezione di vita
E il tuo libro tascabile è sottolineato
Sei uno schiavo del sistema, fai un lavoro che odi
Per ottenere merda di cui non hai bisogno
È troppo sporco questo mondo basato sull’avidità
Fai un passo indietro e smettila di pensare a te stesso
Comincia a pensare che
Non c’è denaro, non ci sono ricchezze
Solo ossessioni, non ho bisogno di questa merda
Prendi il mio denaro, prendi la mia ricchezza
Prendi la mia ossessione, non ho bisogno di questa merda
Perché tutto è niente e il vuoto è dappertutto
Questa realtà è solo un sfottuto sogno
Con la carne e il sangue che tu chiami la tua anima
Caccialo fuori, è un grande buco nero
Prendi il tuo denaro, brucialo come un asteroide
Le ricchezze non riempiranno mai il vuoto
Portale via e impara la lezione migliore
Il cuore, l’anima, la vita, la passione
Mostra te stesso, vestiti
Pettinati e mascherati
Non puoi proprio vincere
Non puoi proprio vincere
Le cose che ti appartengono, ti possiedono