Signor cameriere

domenica 21 agosto 2011


Ho prestato attenzione al suo modo di trascrivere le ordinazioni in una sera incredibilmente calda. Noi sudavamo restando fermi mentre lui, giovane e calmo, vestiva pantaloni neri e camicia, gilet e farfallino senza avere il viso lucido di sudore. Si distaccava dall’ampio territorio di tavoli e assetati e, sopra  il tempo e sopra il lago, indossava il silenzio di volto e voce; sembrava controllare naturalmente anche i propri capelli, adagiati in parte, ed era come se il solo e semplice accorgersi della persona che era avesse potuto elevare anche me oltre le teste e gli occhi dei presenti. Mi era impossibile non chiedermi che cosa pensasse mentre passava per i tavoli, attingendo a una piccola parte delle sue forze unicamente nel caso in cui fosse costretto a raccogliere le ordinazioni. Sicuramente rifletteva ogni volta in cui capitava tra le sedie di un animato gruppetto chiacchieroso ed i presenti ammutolivano al suo arrivo. Ma magari l’esperienza ha contribuito a donargli la fierezza che lo contraddistingue, le chiacchiere allora non lo tangono.
            Improvvisamente l’ho immaginato protagonista di leggende più o meno remote, più o meno credibili, sull’universo dei camerieri: figure altere in costante servizio/conflitto verso la massa di clienti variegata e tempestosa, uomini comuni dall’inenarrabile bontà sommersa e inesplorata, giovani sognatori in fibrillante attesa di novità, oppure persone opache legate dalla mera frenesia di un lavoro duro e difficile; portatori di una scelta non deliberata o amanti segreti di quel certo osservare che regala soddisfazioni intime e quotidiane consolazioni.
            Camerieri che leggete e che pensate a chi vi si affaccia ogni giorno, sappiate d’essere altrettanto motivo di mistero e stima per coloro che vi aspettano.

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