Dedico questo post alla Panchina, lo faccio riportando un editoriale scritto da Valentina, la direttrice del noto settimanale Topolino, sul numero uscito oggi, mercoledì 27 agosto 2014.
Perché? Perché è l'esempio di cosa vuol dire risignificare. Questo blog persegue uno scopo, che forse talvolta sembra fumoso, ossia quello di proporre nuovi significati alle parole, ai concetti o agli eventi - è la diretta emanazione dello spirito che sta dietro a un'idea come quella dell'Art Pollution Fest. In un vecchio post ne avevamo scritto, di questo nome e della scelta di inventare e preferire il significato diverso di inquinamento: preferiamo credere che non solo la merda, non solo il monossido né gli scarti abbiano una potenza oscura e silenziosa, determinante, che serpeggino sulle strade e nelle discariche nello stesso modo in cui fanno tra le nostre coscienze - se potessimo inquinarci di senso!
Ogni cosa appartenente alla nostra realtà, alla realtà ordinaria, tutti quegli argomenti che ci passano davanti agli occhi e non vengono registrati, che appartengono all'abitudine e alla scontatezza, sono gli argomenti di questo blog, sono ciò a cui affidiamo i nostri significati.
Cari amici di Topolino, eccomi qui, seduta idealmente su una panchina. Sono bella comoda e i pensieri viaggiano. Sarà perché sul cellulare ho ricevuto da poco una foto in tema da parte di Davide, il nostro caporedattore a fumetti, in diretta da un'isoletta greca... E poi il bel servizio di Elena a pag. 72 mi ha fatto pensare che tutti, nella vita, hanno avuto o avranno una panchina su cui sedersi per aspettare qualcuno o qualcosa. La panchina è un luogo importante e per me è stata per anni il punto di riferimento intorno a cui si costruivano e si incontravano compagnie di amici... Al mare, in montagna, in città. Durante le partite di pallavolo quando stavo "in panchina"... Certo, questo fondamentale pezzo di arredamento urbano può rimandare anche a pensieri malinconici: da piccina ascoltando "Poster" di Claudio Baglioni, che cominciava così: "Seduto con le mani in mano sopra una panchina fredda del metrò...", mi prendeva un magone che non sapevo nemmeno spiegare. Ma in generale il ricordo delle mie panchine è di grande gioia. In particolare il ricordo più vivo è quello della piazzetta del paese dove ho vissuto la mia adolescenza. Senza fissare alcun appuntamento, sapevo che se mi fossi messa lì, prima o poi sarebbe sempre arrivato qualche amico. Il momento più bello era quello del ritorno dalle vacanze di fine agosto, quando è facile cadere vittime dell'incubo-solitudine: sapere che la panchina era là ad aspettarmi e che certamente, a sorpresa, proprio lì mi avrebbe raggiunto qualcuno, mi dava sicurezza. E scacciava lontano il pensiero di un'estate che stava finendo...
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